sabato 6 dicembre 2008

montagnaterapia

In uno dei miei primi post ho detto che l’educatore deve essere in grado di instaurare, mantenere e finire una relazione educativa con una persona. Molto spesso nelle varie comunità di assistenza per i diversamente abili si organizzano delle gite a contatto con la natura, con gli animali…per questo sono nati nuovi termini che indicano un approccio diverso per la cura e la riabilitazione di determinate persone. Ho già parlato della clownterapia, ma oltre a questo vi è la musicoterapia e molte altre, oggi volevo parlare della montagnaterapia.

Con questo termine si intende definire un originale approccio metodologico a carattere terapeutico-riabilitativo e socio-educativo, finalizzato alla prevenzione, alla cura ed alla riabilitazione degli individui portatori di differenti problematiche, patologie o disabilità; esso é progettato per svolgersi, nell’ambiente culturale, naturale e artificiale della montagna.
Il gruppo che viene portato in montagna è composto da 3 a 10 componenti, le sessioni di lavoro mirano a favorire un incremento della salute e del benessere generale e, conseguentemente, un miglioramento della qualità della vita.

Per raggiungere gli obiettivi prefissati, gli interventi socio-sanitari si articolano e si integrano con le conoscenze culturali e le attività tecniche delle discipline della montagna come escursioni,arrampicata,sci… una cosa molto importante è che il lavoro viene integrato con gli eventuali trattamenti medici, psicologici e socio-educativi già in atto.

Penso che la montagna sia uno stimolo per queste persone poiché sia la mente che il corpo si confrontano con l’ambiente, questo è un’ ambiente diverso da quello a cui sono abituati, quindi sono spinti a trovare nuovi stimoli da ciò che li circonda. Vengono svolte anche varie attività all’interno del rifugio come realizzare dei lavori con la pasta, servire ai tavoli, fare i letti (nel caso si resti li a dormire).

Bisogna tenere presente però che esiste un rischio che queste esperienze possano portare a un crollo una volta che il paziente torna a casa e alla vita di tutti i giorni, per evitare ciò il lavoro di equipe è fondamentale poiché bisogna definire un protocollo terapeutico sicuro.

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