lunedì 29 dicembre 2008

relazione educativa


Bisogna considerare che ogni relazione educativa non potrà mai essere neutra poiché l’educatore è coinvolto nella relazione e influenza con la sua cultura, il suo modo di pensare l’educando.
L’apprendimento può essere sinonimo di educazione? Su questa domanda ci si è interrogati molto a lungo, la definizione di apprendimento è: la modificazione del comportamento attraverso
esperienze di vita, l’educazione invece copre un campo più vasto poiché non è qualcosa dotato di materialità tangibile ma riguarda la relazione tra le persone.
Una cosa molto importante da definire è che l’apprendimento implica l’uso di determinate tecniche che sono prevedibili e
misurabili, mentre l’educazione non ha strumenti precisi ma ogni educatore educa secondo il proprio punto di vista.
L’educazione inoltre è efficace solo se la persona che deve essere formata è disposta al cambiamento.
Da anni ormai i vari studiosi si confrontano per spieg
are il fenomeno dell’educabilità e si è arrivati alla conclusione che è una continua ricerca alla “perfezione” poiché essendo imperfetti dobbiamo sempre misurarci con gli ostacoli che ritroviamo di fronte, per questo è anche la tensione costante al cambiamento derivato dal tipo di esperienza che facciamo; alcuni pensano all’educabilità come sviluppo spontaneo cioè ai bambini non deve essere impedito nulla ma allo stesso tempo bisogna avere la giusta misura. Per questo si preferisce dire che il pedagogo non istruisce ma guida.
È un po’ questo il compito di ogni educatore, lasciare che il bambino compia le proprie esperienze ma deve anche sape
rlo tenere a freno.

mercoledì 24 dicembre 2008

educare

Molto spesso si pensa all’educatore come un adulto che deve compiere essenzialmente il proprio dovere e niente altro. Ma per diventare educatori c’è bisogno prima di un lungo percorso dedicato alla formazione di sé e della propria coscienza. Innanzitutto per instaurare una relazione educativa c’è bisogno del DIALOGO. Questa parola a volte è usata con superficialità ma analizzandola bene si vede come in una parola è racchiuso un mondo intero, il dialogo è unità, confronto, opinione…ma anche quando non c’è dialogo diretto con una persona o con un gruppo abbiamo il nostro personale dialogo interiore.

Nella vita di tutti i giorni la conversazione è il prodotto della collaborazione di diversi partecipanti. L’identità personale e sociale si costruisce proprio così, confrontandosi e parlando con gli altri.

Il bambino fin da piccolo impara a convivere con certi aspetti tipici della propria cultura e crescendo ne acquisterà altri, essenziali per la sopravvivenza. Il compito dell’educatore è appunto quello di guidare il bambino allo scoperta di questo mondo così complicato.

Inevitabilmente sarà protagonista attivo di quello che gli sta attorno e dovrà imparare a confrontasi con gli altri.

domenica 21 dicembre 2008

educazione: scuola e famiglia!

Fino ad ora ho parlato principalmente di argomenti riguardante la cura delle persone con diverse malattie, ma l’educazione e il prendersi cura dell’altro non riguardano solamente il rapporto educatore- persona malata ma anche qualsiasi rapporto si instauri tra due persone “sane”.

La scuola e la famiglia sono le principali due istituzioni che attraverso competenze e specificità proprie educano determinate persone. Ai nostri giorni è molto difficile gestire l’educazione di una persona, molto spesso non ci si sente in grado di tenere la situazione sotto controllo. Questo fatto riguarda il genitore come l’insegnante. Dal mio punto di vista per essere in grado di mantenere una relazione educativa efficace bisognerebbe incentivare la conoscenza reciproca tra genitori e tra genitori e insegnati per conoscere e condividere le esperienze del bambino nei due ambienti di vita.

Bisogna essere in grado di capire quali sono i piccoli o grandi problemi del bambino per cercare di risolverli e discutere degli aspetti educativi da adottare. Con questo non voglio dire che il genitore deve diventare insegnante o viceversa, solo che se si discutesse di aspetti quali: comunicare con i bambini, le regole da rispettare a scuola e a casa, migliorare l’interazione tra bambini ecc..il compito educativo sarebbe equamente diviso tra insegnanti e genitori. Attraverso la relazione con il bambino e il genitore, l’insegnante deve far crescere nel genitore il desiderio di educare e la consapevolezza di ciò che questo può significare, molto spesso infatti il genitore di fronte a una difficoltà preferisce “fuggire” da quella determinata situazione magari accontentando il bambino solo per “farlo stare zitto”. Questo è un atteggiamento sbagliato, infatti bisogna essere in grado di essere giusti nel dare punizioni o premi. Penso che il mestiere del genitore sia il compito più difficile in assoluto ma se preso con serenità e responsabilità diventa un incentivo per crescere e educare se stessi e gli altri.

sabato 13 dicembre 2008

Pet therapy

Come avevo già accennato vi sono vari aiuti per le persone affette da diverse malattie: uno di questi è la Pet Therapy. L'aiuto terapeutico è quasi sempre il cane o il cavallo, aiutati nella loro preziosa, inconsapevole attività da un team di professionisti (medici, veterinari, psicologi, operatori della riabilitazione, educatori…). I pazienti sono perlopiu i bambini e gli anziani, affetti da disabilità fisiche e mentali. La Pet Therapy è la terapia che prevede l’utilizzo di animali per assistere e migliorare lo stato fisico, sociale, emotivo e cognitivo di particolari pazienti .Attraverso lo sport e l’equitazione la persona disabile viene incoraggiata a non isolarsi e a misurarsi con le proprie capacità. A Villa Buon Respiro a Roma è stato avviato un progetto di onoterapia finalizzato alla riabilitazione con l’asino, facendo leva sulle doti di comunicatività, affettuosità e ricerca di interazione dell’animale. Il progetto è rivolto ai pazienti che presentano difficoltà di relazione, attenzione, aggressività ed eccitabilità e che soffrono di gravi disabilità, come l’autismo, i disturbi comportamentali o la cecità. Queste attività. si basano sul gioco e sulla spontaneità e creano un ambiente sereno e stimolante. Penso che stare a contatto con gli animali e quindi fare movimento con loro sia molto più piacevole che fare un esercizio imposto da uno specialista, ovviamente non si può affiancare l’animale al paziente sperando che guarisca, c’è bisogno di un monitoraggio costante da parte degli esperti. Inoltre se i pazienti cominciano a prendersi cura di un animale esso lo aiuta nelle piccole difficoltà di ogni giorno, ad esempio può essere perfetto per socializzare con le persone mentre si passeggia per il parco, alla fermata dell’autobus…in più il paziente deve nutrirlo, lavarlo, insomma svolgere tutte quelle cose che fanno crescere il senso di responsabilità. Ciò comporta la crescita personale in vari campi.

sabato 6 dicembre 2008

montagnaterapia

In uno dei miei primi post ho detto che l’educatore deve essere in grado di instaurare, mantenere e finire una relazione educativa con una persona. Molto spesso nelle varie comunità di assistenza per i diversamente abili si organizzano delle gite a contatto con la natura, con gli animali…per questo sono nati nuovi termini che indicano un approccio diverso per la cura e la riabilitazione di determinate persone. Ho già parlato della clownterapia, ma oltre a questo vi è la musicoterapia e molte altre, oggi volevo parlare della montagnaterapia.

Con questo termine si intende definire un originale approccio metodologico a carattere terapeutico-riabilitativo e socio-educativo, finalizzato alla prevenzione, alla cura ed alla riabilitazione degli individui portatori di differenti problematiche, patologie o disabilità; esso é progettato per svolgersi, nell’ambiente culturale, naturale e artificiale della montagna.
Il gruppo che viene portato in montagna è composto da 3 a 10 componenti, le sessioni di lavoro mirano a favorire un incremento della salute e del benessere generale e, conseguentemente, un miglioramento della qualità della vita.

Per raggiungere gli obiettivi prefissati, gli interventi socio-sanitari si articolano e si integrano con le conoscenze culturali e le attività tecniche delle discipline della montagna come escursioni,arrampicata,sci… una cosa molto importante è che il lavoro viene integrato con gli eventuali trattamenti medici, psicologici e socio-educativi già in atto.

Penso che la montagna sia uno stimolo per queste persone poiché sia la mente che il corpo si confrontano con l’ambiente, questo è un’ ambiente diverso da quello a cui sono abituati, quindi sono spinti a trovare nuovi stimoli da ciò che li circonda. Vengono svolte anche varie attività all’interno del rifugio come realizzare dei lavori con la pasta, servire ai tavoli, fare i letti (nel caso si resti li a dormire).

Bisogna tenere presente però che esiste un rischio che queste esperienze possano portare a un crollo una volta che il paziente torna a casa e alla vita di tutti i giorni, per evitare ciò il lavoro di equipe è fondamentale poiché bisogna definire un protocollo terapeutico sicuro.

sabato 22 novembre 2008

"...NON SI DIVENTA UOMINI COMPLETI DA SOLI,
MA UNICAMENTE ASSIEME AGLI ALTRI"
D. Bonhoeffer,resistenza e resa.

Penso che questa frase chiarisca bene l'importanza degli altri nelle relazioni sociali e nella crescita personale.
Al giorno d'oggi non ce mestiere che non abbia a che fare con una complessità di relazioni; a partire dagli insegnanti per finire con chi lavora nelle professioni di aiuto come gli assistenti sociali, i pediatri ma anche avvocati che si trovano a dover gestire delicate situazioni familiari, medici etc... molte di queste figure però non hanno strumenti psicologici adeguati per far fronte a queste situazioni. Tutto questo porta al "disagio sociale" che comprende la difficoltà di relazionarsi e comunicare con gli altri.
Secondo alcuni esperti si assiste così ad una "analfabetizzazione emotiva" che, soprattutto nei giovani, si traduce con un instabile senso di appartenenza alla famiglia e al luogo in cui vive. La nostra società spesso considera i sentimenti e le emozioni come qualcosa di pericoloso che bisogna sopprimere, da questo si arriva a situazioni di disagio poiché non ci si sente capiti, è per questo motivo che bisognerebbe promuovere una "cultura della relazione", per farlo bisogna essere consapevoli che in ognuno di noi ce un senso di umanità (bisogna solo trovare in che modo poterlo applicare per far funzionale una relazione).
Negli ultimi anni sono nati dei corsi di formazione chiamati Counselling che si impegnano a formare medici più consapevoli, infermieri più capaci di offrire sostegno anche emotivo, insegnanti che sanno fare meglio gli educatori. Questo corso garantisce una crescita professionale ma anche personale.
Ritengo che sia un'importante aiuto che la società dovrebbe offrire in un epoca dove ormai a causa di nuove tecnologie sempre più sofisticate le emozioni sono state talmente inibite che quando ci si trova di fronte a una persona in difficoltà non si sa come aiutarla.

lunedì 17 novembre 2008

clownterapia



Ciao a tutti…rieccomi…come vi dicevo l’educatore professionale opera anche nel campo di pediatria…sia come assistente ma anche (e soprattutto) cerca di fare divertire i piccoli pazienti di questo reparto.

Alla scuola superiore ho potuto frequentare un corso di clownterapia, fatto dai volontari del “il piccolo principe”. Con il termine clownterapia si indica l'applicazione di tecniche derivate dal circo e dal teatro di strada in contesti di disagio (sociale o fisico), quali ospedali, case di riposo, case famiglia, orfanotrofi, centri diurni, centri di accoglienza ecc.

Questa è un’iniziativa volontaria che grazie a delle persone molto volenterose è cominciata e sta continuando nel migliore dei modi; purtroppo questa figura non è sempre presente anche perché è vero che i volontari stanno aumentando ma sono sempre pochi rispetto alle “esigenze” dei pazienti.

Il corso che ho frequentato si è svolto in 5 lezioni di 3 ore ciascuno circa. Prima di iniziare ci hanno chiesto brevemente perché volevamo entrare a fare parte di questo progetto, la fase successiva è stata quella di prendere coscienza del proprio corpo e di fidarsi degli altri; attraverso esercizi appropriati abbiamo cercato di fidarci degli altri per “trovare noi stessi”, poi abbiamo cominciato a fare degli esercizi di giocoleria; abbiamo imparato ad utilizzare foulard, clavette, boleas… in più abbiamo mimato varie parti che ci sono servite poi per mettere in scena uno spettacolo. Abbiamo potuto applicare tutto quello che abbiamo imparato in una scuola per l’infanzia a Mestre. Personalmente trovo che questa è un’esperienza che ogni educatore dovrebbe fare, posso dire che in queste poche lezioni ho scoperto che basta veramente poco per far stare bene gli altri e lo si può fare solo se si riesce a trovare un giusto equilibrio in noi stessi.

Ciao a tutti a presto!

domenica 9 novembre 2008

l'educatore...

ciao a tutti
come prima cosa vorrei illustrarvi cosa fa l'educatore professionale e che tipo di aiuto mi piacerebbe dare alle persone.
l'educatore professionale è innanzitutto un'operatore che svolge la propria attività aiutando persone di diverse età, attua progetti educativi basati sulla continuità; infatti come ho potuto apprendere nelle prime lezioni di pedagogia l'educatore deve avere la capacità di iniziare, mantenere e sostenere una relazione con una persona, questa relazione è di tipo educativo o riabilitativo, si occupa infatti del reinserimento della persona malata nella società, aiutandolo a interagire di nuovo con le persone. l'azione educativa deve però avere anche una conclusione, poiché il fine della cura educativa è far si che la persona diventi indipendente.
Si occupa inoltre di progetti di assistenza per le famiglie con un malato in casa, l'assistenza riguarda anche le comunità di tossicodipendenti, portatori di handicap, e di bambini nel reparto di pediatria negli ospedali. una nuova figura che secondo me dovrebbe essere introdotta negli ospedali è quella di "mediatore tra medico e paziente"; essa è una figura che purtroppo molto spesso è assente nelle strutture italiane, molto importante poiché a differenza del medico che per mancanza di tempo, spiega in modo veloce e troppo complicato le varie patologie di cui i pazienti sono affetti, l'educatore potrebbe spiegare in modo più chiaro e aiutare il paziente a prendersi cura di durante la malattia. E' proprio per questo motivo che l'educatore deve avere anche una conoscenza di tipo medico così da capire la gravità della malattia per attivare un progetto riabilitativo finalizzato alla persona.

venerdì 31 ottobre 2008

ciao a tutti!


ciao a tutti!

sono serena in questo blog cercherò di trattare diversi argomenti come il ruolo dell'educatore nella società, le sue funzioni...penso che ormai sia molto importante avere umanità e nello stesso tempo competenza per poter aiutare gli altri.